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LO STRESS, IL LEONE E LA GAZZELLA

Ogni giorno nella savana una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre più veloce del leone per non essere mangiata. Ogni giorno nella savana il leone si sveglia e sa che dovrà correre più veloce della gazzella per poter mangiare. Perciò non è importante che tu sia un leone o una gazzella, ciò che conta è correre più veloce che puoi”.

Forse non è proprio così, forse è meglio essere leoni. Ecco il perché.

Il leone, per dare la caccia alla gazzella, ha bisogno di un’importante scarica di adrenalina e cortisolo, i due ormoni alla base dello stress.

La povera gazzella, per sopravvivere, si avvale della medesima combinazione ormonale.

Tuttavia se il leone e la gazzella potessero descrivere la loro percezione dello stress, ne emergerebbe un vissuto diametralmente opposto.

Infatti, nonostante in entrambi gli animali si attivi la medesima catena di eventi biochimici, dal predatore lo stress è avvertito come una risposta buona perché in grado di aumentare le sue probabilità di gustarsi un lauto pasto.

Dalla preda lo stress è invece associato a un rischio imminente per la propria sopravvivenza e, sebbene sia utile per preservare nell’immediato la sua vita, viene verosimilmente vissuto come una condizione in cui è spiacevole ritrovarsi.

Nel primo caso si tratta di sfida, nel secondo di minaccia.

Il nostro organismo attiva la stessa catena di eventi, primordialmente necessari per permettere ai nostri antenati di andare a caccia ma anche di difendersi dai potenziali predatori.

Sicuramente vi sarà capitato di trovarvi in una situazione inaspettata in cui è stato messo in gioco qualcosa di importante come la vostra incolumità, o magari reputazione.

Cosa succede in questi casi?

Quando riteniamo di avere sufficienti risorse per far fronte a una situazione di stress, attiviamo una risposta di tipo sfida; quando percepiamo la richiesta di risorse come superiore alle nostre effettive possibilità, viviamo l’esperienza come una minaccia.

Scegliere di affrontare uno stress acuto come una sfida stimolante o come un tremendo rischio non modifica solamente la percezione del vissuto: cambia l’intera risposta fisiologica alla catena di eventi innescata dall’adrenalina e dal cortisolo.

Mente e corpo sono strettamente legati e uno può influenzare l’altro in una miriade di modi.

In un contesto di lotta o fuga, se decidiamo di accettare la competizione, l’adrenalina aumenterà l’efficienza cardiaca e provocherà una dilatazione vascolare periferica, in modo da irrorare abbondantemente i muscoli che dovranno fare uno sforzo, verosimilmente duraturo e pertanto aerobico, per risultare vincenti.

All’opposto, se prevale la paura e la sensazione di pericolo, lo stesso processo biochimico determinerà una vasocostrizione periferica (ancestralmente legata al fatto di prevenire emorragie in caso di ferite: poco sangue alla periferia uguale bassa probabilità di sanguinamento massivo).

Il muscolo in quest’ultimo caso lavorerà in carenza o assenza di ossigeno (in anaerobiosi), condizione sufficiente in molti casi per fare uno sforzo intenso ma di breve durata, come quello che si verifica nella fuga da una minaccia.

C’è di più però, se dobbiamo affrontare un evento importante e lo facciamo con lo spirito di un leone, non si modifica solamente il diametro dei nostri vasi sanguigni, ma migliora anche la nostra performance cognitiva.

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Bibliografia

Jamieson, J. P., Nock, M. K., & Mendes, W. B. (2012). Mind over matter: reappraising arousal improves cardiovascular and cognitive responses to stress. Journal of Experimental Psychology: General, 141(3), 417.

Mendes, W. B., Blascovich, J., Hunter, S. B., Lickel, B., & Jost, J. T. (2007). Threatened by the Unexpected: Physiological Responses During Social Interactions With Expectancy-Violating Partners. Journal of Personality and Social Psychology, 92(4), 698-716.

Gian Luca Rosso